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cabinovia mottarone

VERBANIA - 23-04-2025 -- Nessuno degli indagati ha chiesto di essere sentito, né ha depositato documenti o prove ulteriori e, così, la Procura ha tirato dritto. Stamane il sostituto procuratore Laura Carrera ha firmato e depositato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti delle cinque persone ritenute responsabili del disastro del Mottarone. Sono passati tre anni e undici mesi dalla domenica in cui, precipitando al suolo, la cabina numero tre della funivia Alpino-Mottarone si portò via la vita di quattordici persone, lasciando un solo sopravvissuto, un bambino ferito e poi guarito. Da allora, chiusa la lunga fase di indagini – compreso l’incidente probatorio, che ha risolto preliminarmente ogni diatriba di natura tecnica che dovesse insorgere nel processo – e andata “a vuoto” una prima udienza preliminare, la magistratura s’è mossa arrivando alle soglie di un nuovo giudizio.

Il pm Carrera, rimasta l’unica titolare del fascicolo dopo che la procuratrice Olimpia Bossi è stata trasferita a Milano, ha accolto le indicazioni del gup Rosa Maria Fornelli, che l’ha invitata a modificare il capo di imputazione, stralciando le ipotesi dolose e di violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Nella nuova formulazione, stralciata una posizione e quelle delle due società coinvolte (Ferrovie del Mottarone, quella di gestione; e Leitner, che aveva in capo la manutenzione), sono rimasti cinque gli imputati. Si tratta di Luigi Nerini, socio unico e amministratore unico di Ferrovie del Mottarone, del direttore d’esercizio Enrico Perocchio (responsabile per Ferrovie del Mottarone, ma dipendente Leitner), del caposervizio Gabriele Tadini, del consigliere delegato della multinazionale altoatesina Martin Leitner, e del manager Peter Rabanser, responsabile del customer service.

I reati che vengono loro contestati sono attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose. Tadini e Perocchio devono rispondere anche di falso, per aver alterato i registri delle manutenzioni, che non sarebbero stati eseguiti regolarmente.

L’incidente si verificò poco dopo mezzogiorno di domenica 23 maggio 2021. Giunta in prossimità della stazione di arrivo, la cabina precipitò per la rottura improvvisa della fune d’acciaio traente. Non entrarono in azione i freni di emergenza che avrebbero dovuto trattenerla alla fune portante perché erano stati manualmente disattivati – come ha ammesso pacificamente egli stesso – dal caposervizio Tadini. Scivolata a ritroso, la cabina scarrocciò all’altezza del primo traliccio incontrato e finì nel bosco sottostante, schiantandosi.

L’incidente probatorio, alla presenza di periti e consulenti di tutte le parti, ha sviscerato le ragioni tecniche dell’incidente, stabilendo che la testa fusa della fune traente era logora e gravemente compromessa, che i controlli – anche solo le obbligatorie ispezioni visive a cadenza periodica – furono ignorati e che l’inserimento dei cosiddetti forchettoni ai freni non permisero di attivare le procedure di emergenza.

Per la Procura queste concause sono attribuibili alle persone di responsabilità delle due società, quella di gestione e quella di manutenzione.

La parola ora passa dalla magistratura inquirente a quella giudicante. Il gup, ricevuta la richiesta, dovrà fissare una data per l’avvio dell’udienza preliminare. Il fascicolo potrebbe finire di nuovo al giudice Fornelli. L’altro componente l’ufficio gup, Mauro D’Urso, è incompatibile avendo proceduto con le archiviazioni di altri indagati. Non è escluso che si ricorra a un altro giudice della sezione penale, magari del monocratico, o che tocchi direttamente al presidente del Tribunale, Gianni Macchioni.

 

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